
Analisi: Shelley O’ Brien – Turn to Spring
Non molto tempo fa, mentre assecondavo i miei guilty pleasure televisivi guardando la seconda stagione di Make It Or Break, mi ero imbattutto in qualcosa di fichissimo… La giovane ginnasta Payson Keeler aveva un appuntamento col suo rigazzetto. Si era vestita bene, aveva riposto l’abbigliamento sportivo nell’armadio e (wow) si era presentata all’incontro nel pieno della sua femminilità (aaaaawwww).
E che pezzo c’era in sottofondo? Lo sai? Eh, te lo dico io perché è stato uno di quei momenti in cui fai “Ma… ma io sto pezzo lo conosco… ma… ma che è Shelley?! Nooooo è Shelley!”
L’ukulele per cantautori
Shelley O’Brien non è un’ukulelista. O meglio, suona l’ukulele ma è principalmente una cantautrice. Ha fatto una gavetta come pianista sulle navi da crociera ed è una che ci mette tutta se stessa per promuoversi ed emergere. Almeno questo è ciò che viene fuori dopo averci amabilmente chiacchierato in diverse occasioni, dall’Australia alle due recenti edizioni dello YOUkulele Festival di Roma.
Il brano è un mix di pop folk in cui troviamo elementi elettronici insieme all’ukulele proposto in più versioni: dagli arpeggi accennati allo strumming tipicamente country. Ho scelto di analizzare questo pezzo perché non ci troviamo davanti a soluzioni scontate: accanto alle spazzole sul rullante, troviamo un riff distorto e altri sintetizzatori più o meno prominenti che riempiono l’atmosfera.
È uno di quei brani per ukulele che evitano di “smarmellare” la pulce saltellante in primo piano ma piuttosto la utilizzano in maniera funzionale per la riuscita del pezzo. Non abbiamo i classici campanellini a tutto volume ma piuttosto un pianoforte, la testimonianza del passato di Shelley riutilizzata per creare qualcosa di completo, complesso ma al tempo stesso di facile ascolto. E difatti è finito in prime time su una delle serie per teenager più in voga degli ultimi anni.
Che poi io sia finito ad aspettare l’appuntamento settimanale con Make It Or Break è un’altra storia che affonda le proprie giustificazione nel bisogno trash che tutti avvertiamo in maniera più o meno presente.
Struttura
La componente pop del pezzo si nota soprattutto nella struttura. Brevissima introduzione con un paio di note (non di più) e prima strofa che solitamente viene raddoppiata prima dell’apertura sul ritornello in questo caso brevissimo di facile ascolto (poi mi ringrazierai per averti ficcato in testa DU DURU DURU DURURU). Si riparte con la stessa idea musicale dimezzando la strofa e dopo il secondo ritornello abbiamo un momento di pausa che serve da contrasto per ripartire poi col tormentone finale (again DU DURU DURU DURURU).
Se avessimo avuto un ritornello più marcato, con un vero e proprio giro armonico, avremmo avuto a che fare con un pezzo tipicamente pop ed invece abbiamo davanti ritmiche country ed incisi accennati col duplice scopo: riavvolgere il nastro per far ripartire la strofa e lasciarti in testa quel paio di note che ti obbligheranno a canticchiare l’infausto tormentone (DU DURU DURU DURURU everybody?)
In definitiva “Turn to spring” è la perfetta dimostrazione che la musica per ukulele può essere vista anche in maniera più ampia, con jingle accattivanti, testi piacevoli e tormentoni maledetti (one more time DU DURU DURU DURURU).
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DU DURU DURU DURURU…
“Shelley O’Brien non è un’ukulelista. O meglio, suona l’ukulele ma è principalmente una cantautrice.”
Que viva tutti quelli che rientrano in questa definizione! :D