
Educazione musicale e lezioni di musica pomeridiane. Perché non unire le due cose?
L’ora di educazione musicale a scuola era una figata. Non mi nascondo. Ero quello strano che tirava fuori dallo zainetto la “pianola”, neanche la diamonica. Quando toccava a me schiacciavo play e improvvisavo un pezzo. Ad esempio… Te la ricordi la Lambada dei Kaoma? Eh, quella.
Che gran figata l’ora di musica.
A vederci chiaro, quelle ore mi tornarono utili quando decisi di mettermi a studiare più seriamente il pianoforte. Fu tutto estremamente lineare: la scuola mi insegnò qualcosa a livello teorico e manuale che decisi di approfondire tempo dopo.
Tuttavia, davanti a noi abbiamo plotoni di ragazzi che provano a tirare fuori l’Inno alla Gioia su flauto per poi provare dieci anni dopo a rifare gli assoli di Steve Vai. E qui ci sono un paio di cose che non mi tornano. Perché se è vero che alcune materie non devono necessariamente essere portate avanti nel quotidiano in maniera diretta, è altrettanto vero che se l’educazione musicale getta soltanto le basi teoriche lasciando la pratica al doposcuola dell’alunno, si tratta di una mezza vittoria.
È anche una questione di soldi
Introdurre l’ukulele a scuola, non tanto nelle Associazioni Culturali da cui a volte sarebbe bene gettare non uno ma due occhi di riguardo, spesso è una questione di fondi. Più che per per una questione di programmi ministeriali, si fa sentire l’impossibilità di un genitore nello spendere 30 Euro invece dei 15 di un flauto.
Però io sono abituato a pensare alla distanza e mi sono sempre posto il problema di cosa succederà fra cinque anni: in questo caso, il bambino ormai adolescente potrebbe avere interesse nel frequentare delle lezioni individuali ed è fuori discussione che aver studiato lo strumento anche a scuola, possa contribuire ad un apprendimento più immediato, proficuo ed appagante.
Senza contare che spesso, come da titolo, si sovrappongono le due cose: abbiamo l’ora di educazione musicale mattutina e a volte l’ora pomeridiana in cui l’alunno può decidere cosa vuole realmente suonare. Unire le due cose significherebbe abbattere dei costi nell’immediato e nell’auspicabile futuro a fronte di 15 Euro in più.
Che la scuola abbia il dovere morale di seguire quanto di più logico e formativo possa esserci nelle vite dei discenti, è quasi un’ovvietà ma purtroppo, senza scadere nel più facile qualunquismo, non sempre è tutto così lineare. Vengono aggiornati programmi televisivi, quotidiani, format, squadre di calcio mentre non vengono seguite le evoluzioni musicali in un paese che continua a celebrare gli autori di un tempo, ormai diventati anch’essi di nicchia come la musica stessa che se non viene automaticamente trasformata in business, sembra quasi non esista più.
Assistiamo ad un progressivo decadimento dell’arte nel paese dell’arte per eccellenza, a causa di fondi che diminuiscono giorno dopo giorno, a causa di alcune direzioni governative di dubbio gusto e per via di una cultura che più passa il tempo e più si identifica in quella nicchia per pochi eletti, sempre più distante da un’idea ormai vetusta e sorpassata di cultura che riesce anche a comunicare valori che, inutile a dirlo, non possiamo sempre aspettarci di trovare su Real Time. Se si tratta veramente di cultura “facoltativa” da dopo scuola a questo punto, per quale motivo continuiamo a mantenerla in quel paio d’ore striminzite a settimana? Per il terrore di prendere consapevolezza di ciò che sta già accadendo?