Exact timing
Ovvero andare a tempo in maniera matematica, quasi perfetta. Per quanto ci si possa sforzare nello studiare pedissequamente tutti i giorni ci potrà sempre essere un margine di errore soprattutto quando il pezzo ti porta a “interpretare”. Almeno questo è il mio caso. Certo, poi ci sono i casi limite in cui il tempo non lo tieni proprio… però qui stiamo parlando di ritardi sottilissimi, infinitesimali che almeno in teoria potrebbero pregiudicare l’esecuzione di un pezzo.
Ho fatto una prova con “Falling Slowly”, vincitore dell’Oscar come miglior canzone. Dio benedica Glen Hansard e quell’angioletto che me l’ha fatta riascoltare un paio di giorni fa.
[youtube clip_id=”CoSL_qayMCc”]Il pezzo inizia a 68, dopo poche battute Glen rallenta un po’ poi riprende il ritmo e al ritornello sembra quasi viaggiare sui 66. Impercettibile eppure con i bpm credo che lui ci si pulisca il culo.
Fino a che punto il timing può decretare la bellezza di un’esecuzione? Concentrando gran parte delle nostre energie su quest’aspetto non rischiamo di pregiudicare la nostra performance con poca intensità? Io non lo so però prima di scartare a priori un brano per una mancanza di accuratezza ci penserei due volte.
ehi ehi ehi!!! pensavo di essere l’unica a suonare falling slowly sull’ukulele!!! grande! e come la metti con when your mind’s made up????
ecco, la’ trovo proprio l’importanza del timing tutto nelle battute che accelerano nella parte più..enfatica (urlato) e poi si attenuano e insomma, si segue il cuore no?
ciao!