
Memories from Caldogno
Fare il resoconto di un festival di ukulele guarda che non è semplice. Si finisce nove volte su dieci per celebrare l’evento come una rimpatriata fra amici, dimenticandosi che prima di tutto dovrebbe esserci la musica. È sempre così, dall’Australia all’Alaska.
Mettendo i rapporti umani al primo posto verrebbero meno i presupposti che tengono in piedi i festival di musica. Si rischierebbe di ridurli a meravigliosi raduni quindi non saprei… è difficile. Anche perché in un ambiente come quello dell’ukulele, andare a socializzare con chi ti siede vicino è la cosa più immediata del mondo per cui diventa un gioco di equilibrio andare a scindere le due cose. Amicizia e musica, mai come nell’ukulele sembrano viaggiare di pari passo con la prima che spesso prevalica paradossalmente la seconda.
Ciò che vorrei che fosse ricordato del Caldogno Ukulele Meeting 2014 è che prima dei gruppi e gruppetti di persone che fiorivano come funghi in nome di fratellanze estemporanee, c’era veramente buona musica. Che è poi il motivo principale per cui scegli di andare al… boh… Sziget Festival?! Rock in Roma?! Musicultura?! Scegli tu.
È la strada più bella e più difficile: far parlare innanzitutto la musica, godendoti dal primo all’ultimo, impegni permettendo, gli artisti in cartellone. Poi è chiaro che conta anche con chi la ascolti ma quando questa conseguenza involontariamente sostituisce la causa scatenante, l’intera situazione rischia di diventare grottesca.
La seconda edizione del Caldogno Ukulele Meeting ha innanzitutto mostrato i mille volti di un ukulele e veri professionisti delle quattro corde prestati ad una musica di tutto rispetto. Dall’intrattenimento di prima categoria dell’orchestra inglese alla perfezione tecnico/espressiva hawaiiana permettendosi una marea di lussi, dal roots al virtuosismo moderno, da zero a cento anni. Il punto non è tanto valutare l’esibizione del singolo e spendere la buona parola per ognuno quanto piuttosto soffermarsi sul protagonista vero e proprio di questi tre giorni, l’ukulele, proposto in maniera assolutamente “normale”, da un estremo all’altro, regalando al pubblico una panoramica ben definita di cosa ci si può aspettare all’interno di questo microcosmo. Niente fricchettoni o tendenze del momento, semmai interpreti poliedrici con radici ben salde in campo musicale.
Se dovessi consigliare un festival di ukulele probabilmente parlerei di Caldogno perché il programma è andato a puntellare con precisione tutte le sfaccettature di questa realtà elevandola ad un livello superiore ancora sconosciuto. Sembrerà un’ovvietà per un festival di chitarre, non lo è ancora per un festival di ukulele.
Semplicemente perché, messo un attimo da parte l’elogio dell’amicizia che ci unisce da ogni angolo del mondo e che contraddistingue da sempre la quasi totalità di eventi sul genere, il Caldogno Ukulele Meeting è uno dei pochi festival che hanno preso l’ukulele per fare musica e non per mostrarsi piuttosto banalmente allo specchio in tutta la sua bellezza. Vive di immagini proprie e non si lascia raccontare soltanto nelle foto dei presenti mentre afferrano pinte di birra ma soprattutto si lascia ascoltare nelle note di chi una volta giunto a casa, è andato a ritrovare quell’artista appena incontrato. Si canticchiano canzoni, si impara a suonare, ci si scambiano pareri sull’amplificazione e si aggiungono brani alle proprie playlist.
In definitiva, chiamarlo “meeting di ukulele” forse potrebbe essere riduttivo. Ma d’altronde qui dentro c’è un po’ di tutto, come del resto nell’ukulele: a metà fra intrattenimento spicciolo e perfezione stilistica, portato avanti da un numero sempre più ampio di appassionati, curiosi e ovviamente… musicisti.
Aloha Caldogno, speriamo di rivederci presto!