Dal pianoforte all’ukulele

Continua il mio viaggio fra i vari strumenti che ti hanno portato all’ukulele. Tempo fa abbiamo visto il passaggio “Dalla chitarra all’ukulele”, oggi ci buttiamo su quell’oceano di tasti bianchi e neri che risponde al nome di pianoforte!

Non più “destra/sinistra” ma “su/giu”

Venivo da una decina d’anni passati a studiare pianoforte e il mio approccio allo strumento ormai era quasi automatico: sapevo cosa volevo suonare e riuscivo bene o male a farlo. Bazzicavo nel mio gruppetto liceale suonando i Litfiba ed i Pink Floyd, veneravo il Marchese Aiazzi e idolatravo Rick Wright (Dio ti abbia in gloria. Ci manchi tutti i giorni.) Però, una volta spento il sintetizzatore, abbandonata la mia trionfale carriera in Accademia e soprattutto in seguito al mio primo ukulele di cartone pagato boh? 50 centesimi? mi resi subito conto che le mie conoscenze stavano bene lì, sotto il panno rosso che copriva la tastiera dell’adorato pianoforte Scholze.

A differenza di un chitarrista, dovetti lasciare a casa il mio bagaglio musicale per iniziare a pensare in “verticale” e non più in “orizzontale” spingendo tasti bianchi e neri.

Tremila ottave contro due

Fu così che mi ritrovai a riprogrammare tutto: la mano sinistra che prima svolgeva lo sporco lavoro nella gestione dei bassi, ora diventava altrettanto importante quanto la mano destra, nella creazione di un suono.

La prima cosa che mi saltò all’occhio era la diversità dei virtuosismi. Chiaro, era sempre una questione di velocità però sull’ukulele si trattava più che altro di saper muovere il polso in un certo modo per andare a riempire i buchi sonori di corde che duravano un po’ troppo poco. La leggenda narra che forse la “pulce saltellante” era stata chiamata in questo modo per via della velocità con cui Fernandes saltellava sopra le corde e quindi era questa la mia prima montagna da scalare: non più tremila note ma quattro corde da far vibrare ad alta velocità e rigore matematico.

La seconda cosa era senza dubbio l’assenza dei bassi. Per costruire una scala dovevo allungare e premere le dita della mano sinistra in sincronia con la mano destra. E avevo solamente due ottave per ricreare “la magia”. In più, le corde non seguivano lo stesso filo logico di un pianoforte e mi ritrovavo un Sol dall’altra parte.

Not-Sure-If

FRAK! I primi tempi furono duri. Mi ci volle un po’ per abituarmi al nuovo modo di concepire e creare musica però era tutto sommato una sfida divertente, coinvolgente. Iniziavo a capire che la mia esperienza sul pianoforte non era proprio da buttare via, andava solo letta in un altro modo e per ogni posizione rivolta che trovavo… era una festa. Trascorsi i primi attimi di ambientamento nella nuova squadra, ormai ero lanciato verso orizzonti di gloria.

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Le cose che abbiamo in comune

Se dovessi analizzare oggi la velocità con cui eseguivo al pianoforte un trillo sulle ottave, mi rendo conto che era dovuta all’oscillazione del polso. In questo senso, potevo provare a riprendere quel movimento per provare ad eseguire dei passaggi ritmici in sedicesimi. È ironico il fatto che ancora oggi, ogni tanto, durante questi movimenti tendo ad aprire la mano quasi come dovessi andare a raggiungere l’ottava con il pollice ed il mignolo in tensione.

Inoltre, ormai mi accorgo che le cadute, uno dei primi esercizi che affrontano i padawan della tastiera, mi possono sempre tornare utili per rafforzare la muscolatura della mano sinistra. Ed anche l’estrema rilassatezza del polso, argomento su cui insisteva spesso uno dei miei Maestri, non è stata del tutto dimenticata. Pur trovandomi a gestirla in una direzione diversa, ho ben chiaro in mente il risultato finale.

In definitiva, al primo impatto le cose che ci portiamo dietro dalla nostra esperienza pianistica potrebbero sembrare ridotte all’osso. Però va detto che iniziai a suonare l’ukulele vedendola come una sfida, accettai l’idea di ricominciare daccapo e mi ingegnai per trovare soluzioni rapide che mi portassero dritto all’obiettivo. C’è da dire che non potevo vantare l’estrema scioltezza di un chitarrista nel muoversi sopra le corde ma ad esempio, l’attitudine ad andare “su e giu” mi aveva catapultato sin dalle prime battute nella ricerca di altre posizioni. E probabilmente è anche uno dei motivi principali per cui porto avanti la mia battaglia:

DON’T BE A MORON – PLAY A TENOR

A differenza di un chitarrista, il Sol rientrante non era da “riprogrammare” ma da “scoprire” con tutti i benefici del caso. In questo senso, i più creativi avranno sicuramente vita facile e troveranno entusiasmante vedere quanta roba è possibile tirare fuori anche solo da due ottave. E anche i pianisti con una mentalità rigorosa e prettamente accademica potranno comunque trarre vantaggio da diverse tecniche e dalla propria cultura musicale.


Anche tu ex pianista?! Dicci… Qual’è stata la cosa che ti ha fatto trasalire ed esclamare “madò…” di fronte al tuo primo ukulele?!

4 Comments

  1. Io ho fatto 2 anni di lezioni private di pianoforte, ne ho uno verticale in casa. Mi piaceva e mi piace ancora molto, tant’é che vorrei registrarmi al piano, all’ukulele e mettere insieme le due tracce per vedere cosa ne viene fuori. Ci sto lavorando, tra le varie cose. La prima cosa che mi ha fatto esclamare “madò…” in senso “negativo” con un ukulele è la difficoltà che trovo tutt’ora, anche se vado meglio, nel fare un semi barré. In modo positivo invece è stato il constatare quanto mi piacesse suonare la pulce saltellante e affrontare le difficoltà nel suonarlo (tipo il semi barré) come sfide per vedere dove posso arrivare. :-D

    1. eh il barrè in effetti è una di quelle cose che col piano non c’entrano assolutamente nulla. però, a differenza della chitarra, sull’ukulele eserciti meno pressione quindi almeno in teoria, esce fuori prima.

  2. Beh come sapete io vengo dalla chitarra, però con un passato da “pianolista” baby alle spalle (come molti dalla mia generazione in giù, credo).. Diciamo che beneficiai di un discorso “contrario”.
    Dopo circa un anno di chitarra il mio maestro, chitarrista a tempo perso ma in realtà pianista, sentendomi strimpellare il piano nella sala di musica, mi consigliò di tornare a scuola dello strumento perché secondo lui potevo beneficiare di una specie d’indipendenza e sicurezza alla mano sinistra che avevo sviluppato sulla chitarra. Aveva ragione!! (ma dopo un anno ho cmq abbandonato di nuovo, col piano non ci suonavo i Sepultura e gli Slayer! :P )

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